to be continue—

E’ stata una estate molto calda, piena di emergenze e in particolar modo alle prese con vecchi e nuovi drammi, dal terremoto all’emigrazione, dai morti sotto le macerie ai morti in mare.

se non rimaniamo vittime di  profondo sconforto, corriamo il rischio di rimanere insensibili o assuefatti alle tragedie, soprattutto perchè nella maggioranza dei casi non siamo a contatto diretto con questi eventi.

E’ per dare una mano dove è possibile, che continuo a prestare un poco del mio tempo per cercare di arginare  (anche se in minima parte) le sofferenze di una povertà diffusa e continuare a distribuire cibo e altri generi di conforto a quegli emigrati che arrivano nella mia parrocchia.

Ho però un grosso problema che mi affligge: sempre più spesso, in  quelle due ore in cui settimanalmente  sono impegnata, capita che mi si richieda aiuto dai vari membri della mia famiglia, a cui devo negare il mio appoggio. Cosa fare? Il problema è che non riesco a trovare un sostituto.

Speriamo di saltarci fuori, speriamo “che me la cavo”.

 

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3 pensieri su “to be continue—”

  1. “Negare” in questo caso è positivo (anche se, secondo me, non è il termine giusto…)
    quindi Paola continua e non pensarci. Quelle 2 ore fanno bene a tutti!
    Alle piccole cose della famiglia si trovano sempre soluzioni…
    E grazie per l’aiuto e l’esempio!

    "Mi piace"

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