E’ stata una estate molto calda, piena di emergenze e in particolar modo alle prese con vecchi e nuovi drammi, dal terremoto all’emigrazione, dai morti sotto le macerie ai morti in mare.
se non rimaniamo vittime di profondo sconforto, corriamo il rischio di rimanere insensibili o assuefatti alle tragedie, soprattutto perchè nella maggioranza dei casi non siamo a contatto diretto con questi eventi.
E’ per dare una mano dove è possibile, che continuo a prestare un poco del mio tempo per cercare di arginare (anche se in minima parte) le sofferenze di una povertà diffusa e continuare a distribuire cibo e altri generi di conforto a quegli emigrati che arrivano nella mia parrocchia.
Ho però un grosso problema che mi affligge: sempre più spesso, in quelle due ore in cui settimanalmente sono impegnata, capita che mi si richieda aiuto dai vari membri della mia famiglia, a cui devo negare il mio appoggio. Cosa fare? Il problema è che non riesco a trovare un sostituto.
Speriamo di saltarci fuori, speriamo “che me la cavo”.
“Negare” in questo caso è positivo (anche se, secondo me, non è il termine giusto…)
quindi Paola continua e non pensarci. Quelle 2 ore fanno bene a tutti!
Alle piccole cose della famiglia si trovano sempre soluzioni…
E grazie per l’aiuto e l’esempio!
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grazie Gabriele delle parole. ho comunque sempre il dubbio di cosa sia meglio fare.
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